Viaggi

A spasso per la Bretagna… Vive la France!

Spira un vento gelido a St. Malo. Così gelido che le gocce di pioggia ghiacciano prima di toccare terra.

L’ombrello? La violenza delle folate che si insinuano fra i vecchi bastioni, lo ha distrutto subito distendendo le stecche come succede ai miei capelli quando vedo un film dell’orrore. Impreco mentalmente sulla mia scempiaggine per non essermi dotato di una più pratica giacca a vento con cappuccio: ricordatevene quando farete le valigie.

St. Malo è bellissima, austera ed elegante, nobile e coraggiosa, sdraiata fra i due mari che la dividono, lasciando scoprire nuove sorprese ad ogni ponte, ad ogni fortezza, ad ogni “bacino”, per lasciarsi infine perdere nella storia dei vicoli  stretti di Saint-Malo Intra Muros, la città vecchia.

 

E’ qui (qualche volta alternandosi con Camogli) che ogni anno si riuniscono i leggendari lupi di mare, quelli che non hanno paura delle onde anche se sono alte 20 metri, quelli che il vento a 55 nodi li  mette di buon umore, quelli che sono pronti a combattere contro gli spaventosi elementi della natura anche per un mese, guadagnando ogni giorno pochi metri, senza un ridosso, senza un riparo, mentre tutt’intorno il mare schiumeggia con le sue onde incrociate e le sue impressionanti barbe grigie

Sono i Caphornier, quelli che sono riusciti a doppiare Capo Horn, il più micidiale e proibitivo dei passaggi marini: un giorno o l’altro finirò per andarci anch’io.

Ma torniamo a St. Malo. Cerchiamo un riparo dove riscaldarci con un bicchiere di sidro caldo, la specialità della Bretagna. Entriamo in un negozio di giocattoli; ovunque giocattoli, sul muro, sulle pareti, sui divani. Ma in realtà è un bar, il bar più divertente che abbia mai frequentato, con altalene al posto di sgabelli davanti al bancone. Il suo nome è Java e il suo sottotitolo, cioè la sua ragione sociale, coincide in realtà con le istruzioni per arrivarci; sentite qui le café du coin d’en bas de la rue au but de la ville d’en face du port”. Non potete perdervi; e, mi raccomando, non lo perdete.

La sera prima avevamo dormito a Dinan (La Maison Pavie, resa@lamaisonpavie.com,  90 euro la camera per notte) in un edificio storico del ‘400 con sole quattro camere. Ma è tutta Dinan che merita una lunga sosta; una cittadina deliziosa di stampo medioevale, con le sue viuzze strette delimitate dai robusti pilastri di legno che da secoli reggono le case e con la sua singolare Torre dell’orologio, che non è affatto un campanile come si potrebbe pensare, ma semplicemente una torre con un orologio messo lì nel 1498 a misurare il tempo del mercato sottostante.

Se avete tempo, fate anche la gita in battello che parte dal piccolo porto fluviale del villaggio. 

Siamo stati molto bene a Dinan, salvo che qui (non solo qui, spesso in Bretagna) la famosa cucina francese ha registrato qualche scivolone memorabile: una tavola talvolta pasticciata e insignificante. L’unico piatto con tre stelle sono state le ostriche, ma ho il dubbio più che fondato che arrivassero da Grado!

Mont St. Michel può un poco deludere, tanto lo abbiamo già visto in tutte le salse, con le sue strabilianti  maree che in realtà  si verificano, con l’intensità che ci aspettavamo, soltanto ogni due mesi. Ma, superata la delusione, ascendiamo ugualmente sino all’abbazia. Qui sì che ne vale davvero la pena, nel silenzio austero delle grandi navate romaniche esaltato dal sussurro dei canti gregoriani dei monaci che si insinua fra il coro gotico e le pieghe del tuo cuore, fino ad invaderti il fondo dell’anima.

Saziato lo spirito, è ora il momento di pensare anche alla carne o, meglio, all’omelette. Proprio all’inizio della salita, fermiamoci dalla celeberrima La Mère Poulard e, senza lasciarci distrarre da altre tentazioni bretoni,  ordiniamo solo la famosa omelette: prezzi astronomici, ma nel conto è compreso anche il diritto di seguirne la preparazione, un’esperienza unica.

Torniamo in macchina e proseguiamo verso la punta estrema della Bretagna, proprio di fronte alla Manica e all’Inghilterra.

Abbiamo prenotato in un piccolo castello con sole due camere a Poullan-sur-Mer  (Manoir de Kerdanet,  reservation@manoirkerdanet.com, la camera  100 euro a notte). I due proprietari, di una gentilezza e disponibilità sorprendenti e anche un po’ imbarazzanti, saranno ben felici di indirizzarvi ai due o tre accettabili ristoranti della zona.

Sono loro che insistono perché si faccia anche una puntatina alle coltivazioni di giacinti (siamo ad aprile) e ne vale proprio la pena. Pennellate di cobalto, di rosa pallido, di malva, di ocra, di bianco candido, senza una smagliatura, senza un accostamento che non sia perfetto: la trionfante bandiera della primavera!

Ma tutta la costa è splendida: prendetevi due giorni e fatevela passo, passo da Douarnenez (qui, se avete fretta, basta un’occhiata) a Pointe du Raz (restateci almeno qualche ora  a guardare la furia del mare e il faro che emerge orgoglioso e sicuro fra le onde). Bella passeggiata di 20 minuti a picco sul mare, sostituibile per chi non se la sente, da un servizio navetta gratuito. 

Parigi, finalmente!

La Sainte-Chapelle, come molti sanno, non è una chiesa in senso stretto ma un luogo sacro posto accanto al Parlamento e al Tribunale dove pare che 500 anni fa deputati e  giudici si ritirassero ad invocare l’assistenza della Provvidenza prima di votare una nuova Legge o di emettere le proprie sentenze. Altri tempi!

Ora si tengono concerti di musica classica. Le spinette e gli archi fanno da impareggiabile contrappunto ad un luogo carico di fascino, di arte, di spiritualità. Prenotate il biglietto al vostro albergo: ve la caverete con 25/30 euro e se riuscirete a commuovervi come è successo a me, ne sarà davvero valsa la pena!

Siamo alla fine del viaggio. Bisogna festeggiare! 

Anche se molti lo ritengono troppo turistico e scontato (non certo nel prezzo), vi suggerisco di celebrare la conclusione di questa vacanza con una cena da Le Procope (13, Rue de l’Ancienne Comédie, tel 01 40467900). Qui la cucina francese si prende una bella rivincita sulle piccole delusioni della Bretagna e l’ambiente è stracarico di fascino e di storia.

D’altronde è proprio qui, nel più antico caffè di Parigi,  che si riunivano i sanculotti che, tra un’ostrica e una soupe à l’oignon, riuscivano a trovare le parole giuste per lo slogan da dare alla Rivoluzione: Liberté et Egalité, approvavano soddisfatti, brindando insieme al proprietario!

La Fraternità sarebbe arrivata un po’ più tardi.

Un’ultima raccomandazione. Se decidete di visitare la Bretagna in macchina, portate con voi un navigatore. Senza questo impagabile dispositivo, a quest’ora noi staremmo ancora cercando di uscire dall’aeroporto Charles de Gaulle.

Siete già partiti? Ehi! mandatemi una cartolina!

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